Il triste caso di una donna che viene messa alla porta da suo marito perché ormai stanco di lei, che negli ultimi anni ha vissuto praticamente segregata in casa a fare da schiava a quest’uomo, mi ha lasciata profondamente perplessa.
Possibile che questa donna non si fosse accorta, già all’inizio della loro storia, che quest’uomo, dietro l’apparenza di gentiluomo, nascondeva il volto di un “marito padrone”? Certo che no!
All’inizio di una storia, per conquistare l’altro, mettiamo in mostra solo il meglio di noi stessi, facendo meticolosa attenzione a non commettere errori. Diventiamo abili venditori di noi stessi, esponendo sul banco del mercato il prodotto migliore perché qualcuno venga a comprarlo.
Così facendo, mentiamo a noi stessi e soprattutto a chi, ammaliato da tanta perfezione, si è fidato di portare a termine l’“affare”!
E’ naturale voler mostrare il meglio di sé ma ad una condizione: che restiamo comunque e sempre noi stessi, senza fingere o indossare maschere che non ci appartengono fino in fondo.
Lo dobbiamo a noi stessi ma soprattutto alla persona che ha deciso di condividere la sua vita con noi. Su che basi, altrimenti, potremmo costruire un saldo futuro insieme?
Va da sé, poi, che la persona innamorata accetti pregi e difetti del suo partner, altrimenti non sarebbe vero amore. Ma fino a che punto?
Un uomo che tratta sua moglie, o la sua compagna, come una schiava, che la priva di ogni libertà, e che l’annulla come donna togliendole perfino l’identità, può essere un uomo da amare?
Per alcune donne sì: pare che questi uomini siano così capaci di abbindolarle, di far credere loro che è giusto che sia così, che funziona così, che queste donne si lasciano letteralmente fare e privare della loro vita per assecondare i bisogni del partner. E infatti, di bisogni trattansi e non di amore!
Per questi uomini la donna si riduce a semplice oggetto di possesso (“tu sei mia e fai quello che voglio!”), un oggetto che viene addestrato piano piano a soddisfare ogni loro necessità, fino a che non si stancano, le lasciano crudelmente e vanno a caccia della prossima vittima da conquistare.
E queste donne sono donne fragili, deboli, che non essendosi create una loro salda identità, sono felici di “servire” a qualcuno così da sentirsi illusoriamente utili, traendo da questo grande soddisfazione, almeno fino a che il gioco delle parti non viene bruscamente interrotto.
Hanno pensato di comprare oro e all’inizio pareva esserlo davvero: brillava così tanto!
Quella donna riportava: “Sì, è vero, è capitato che mi picchiasse ma io effettivamente non avevo fatto bene il mio dovere…poi lui veniva da me piangendo e, supplicandomi di perdonarlo, mi ripeteva quanto mi ama!”. E così il gioco è fatto: la fa sentire in colpa per un errore che non ha commesso non mancando di ricordarle quanto brilla l’oro che ha comprato, illudendola che è oro vero quando invece….
La forza e la salvezza di questa donna è stata la sua capacità di trovare il coraggio di prendere in mano il telefono e chiedere aiuto ad un professionista. Si potrebbe pensare che la cosa migliore da fare in questi casi sia invece quella di chiamare la polizia e denunciare le violenze subite. Vero…il problema però è che queste donne hanno una personalità fragile, una stima di sé molto vacillante per cui è necessario che prima rafforzino il loro “Io” per poter fare poi il passo successivo.