Le #incomprensi nelle relazioni interpersonali sono all’ordine del giorno. Non esplicitate, non chiarite e tenute dentro, finiscono per far soffrire noi stessi e ferire l’altro. Scontri di opinione sull’educazione dei figli, sulla scuola, sulla politica, lo sport, sull’atteggiamento verso parenti, amici e conoscenti. E ancora: irritazione per i pettegolezzi giunti all’orecchio, le possibili invidie, le recidive. Parole che feriscono, dette senza controllo perché presi dalla rabbia, il più delle volte non a chi di dovere ma ad altri, in teoria per un confronto o un consiglio, in pratica tanto per (s)parlare. Diversità di carattere, diversità di pensiero, insoddisfazione davanti alla mediocrità dell’altro. Amore espresso in modo insufficiente o inefficace, parole taciute, silenzi in apparenza incomprensibili che poi finiscono per allontanare. Discussioni sterili per mettere alla prova se stessi, l’amore del partner, dei figli, l’amicizia. Difendere il proprio spazio, le proprie idee, esprimere le proprie delusioni. Piccole dispute dovute alla fatica, al nervosismo, allo stress della vita quotidiana. Spesso ci teniamo tutto dentro, dandoci la nostra spiegazione (il più delle volte non corrispondente alla realtà dei fatti) e da un’incomprensione inizialmente banale (se solo fosse stata esplicitata subito) arriviamo ad ergere un muro invalicabile verso l’altro. È difficile dimenticare un torto subito, metterci una pietra sopra, sorvolare, chiarire e soprattutto ascoltare ma qualcosa si può provare a fare!
Accettare di essere diversi. “Il mondo è bello perché è vario” è una semplice verità. Vario significa diverso, unico nel suo genere, irripetibile. L’altro reagirà in modo diverso dal mio, vedrà le cose in modo diverso, dal suo punto di vista, darà un senso e una interpretazione personale e soggettiva a quello che gli succede. Se ci mettessimo in ascolto del cuore dell’altro e gli chiedessimo in che modo lo usa? “Se in qualche modo ti ho ferito, ti ho offeso, se ti ho pestato i piedi, dimmelo, perché io possa cambiare, modificare il mio atteggiamento, involontariamente sbagliato, nei tuoi confronti”. “Se invece mi rapporto a te come si deve, in modo corretto, dimmelo perché io possa esserne consapevole e continuare così”.
Considerare gli aspetti positivi. Troppo spesso i litigi nascondono da piccole incomprensioni che possono essere facilmente superate se semplicemente dette. Quante volte abbiamo la sensazione che qualcosa si sia rotto o sia cambiato ma non abbiamo il coraggio di esprimerlo? E ci allontaniamo noi stessi dagli altri convinti che gli altri ci abbiano allontanato? E’ così che un sassolino diventa uno scoglio! Ma litigare significa non essere indifferenti, significa tenerci a quella relazione, perché altrimenti non ne soffriremmo e non sarebbe così importante per noi. Se qualcosa ci fa arrabbiare, significa che lì ci abbiamo messo il cuore e dove c’è cuore c’è relazione.
Parlare, spiegarsi. Comprendere e accettare è più facile quando c’è comunicazione. È necessario saper chiedere spiegazioni ma anche saper chiedere scusa. Semplicemente, umilmente, sinceramente. Non esitare a fare il primo passo. La parola compie miracoli quando il suo tono è giusto, privo di giudizi, perché (ri)avvicina. Dire semplicemente: “Ti chiedo scusa”, “ti ho dato un dispiacere”, “mi sono innervosito”, “ho torto”. Queste parole toccano il cuore e suscitano un dialogo che altrimenti non avrebbe luogo.
Riconoscere la ferita che si è fatta. Colui che è stato ferito ha bisogno di sapere che la sua ferita è stata presa in considerazione. Bisogna dimostrare all’altro che si è consapevoli della sofferenza che ha vissuto e di cui noi possiamo essere la causa. È tanto naturale giustificarsi trovando scuse nel proprio passato, nei torti a nostra volta subiti, nel dare la colpa agli altri, o agli eventi esterni. Mentre è importante impegnarsi a riconoscere i propri errori e le proprie responsabilità e ammetterli. In una qualsiasi relazione i protagonisti (nel bene e nel male) sono sempre almeno due, mai uno solo.
Dare tempo al tempo. Non bisogna pretendere un immediato “perdono” dopo il chiarimento. Quando si è sopraffatti dalla collera, serve un tempo di calma, di riflessione, di metabolizzazione di ciò che successo. È un processo a volte lungo e complesso; bisogna aspettare che il tempo faccia il suo corso. Alcuni dimenticano subito l’offesa, soprattutto quando si tratta di offese leggere. Altri hanno la tendenza a rimuginare, complicare, ingrandire. Anche se dicono che “è finito”, i loro occhi, il loro broncio continuano a dimostrare che il fatto non è ancora digerito. Ognuno ha i propri tempi di elaborazione e vanno rispettati senza mettere ansia o fretta.
Imparare a negoziare. Significa cercare una soluzione di compromesso, che tenga conto dei due punti di vista. Questo suppone che ognuno, in un primo tempo, abbia provato lealmente, con empatia, a mettersi al posto dell’altro, di entrare nel suo modo di vedere.
Riconciliarsi. “Perdonarsi e perdonare l’altro” è l’ultimo passo necessario a creare l’ambiente giusto per una nuova partenza. Perdonare è riporre fiducia nella relazione. E’ ripartire “come prima” o anche meglio di prima. Significa aver voglia di rimediare e cambiare per cercare di non ricadere lo stesso errore.