Ho conosciuto donne che hanno amato troppo, a tal punto da annullare se stesse. Ho conosciuto donne che hanno messo da parte anche l’ultima briciola d’orgoglio per riaccogliere e perdonare. Ho conosciuto donne che hanno dovuto imparare a lottare e ad indossare una corazza per evitare altre ferite. Ho conosciuto donne che sono cadute, perché qualcuno ha fatto loro lo sgambetto, che si stanno leccando le ferite e che non hanno perso la voglia di rialzarsi. Ho conosciuto donne che si sono spinte fino in fondo all’anima pur di dare un senso al loro amore ma poi si sono perse. Ognuna di loro ha una storia simile da raccontare, eppure ognuna di loro è un intreccio di unicità da scoprire. Sono donne deluse dall’amore, o meglio, deluse dall’amore per quell’uomo che non le ha sapute capire e amare quanto meritano. Sono donne usate, amanti e mogli solo part-time, donne bisognose di affetto e di piccole attenzioni, donne che nascondono un vuoto immenso e che hanno cercato di colmarlo come meglio potevano. Donne che sono arrivate a pensare che gli uomini sono tutti uguali e tutti sbagliati!
Mi è stato suggerito da una di loro di farle incontrare, di dar vita ad un gruppo di auto aiuto per potersi confrontare e ascoltare altre storie. Ho proposto loro un primo ciclo di incontri ma non è bastato e abbiamo replicato. Si sono raccontate, si sono messe più o meno a nudo, si sono ascoltate e si sono tese una mano, l’una verso l’altra. Quando hanno iniziato a prendere coraggio e provare a darsi dei consigli, si sono accorte di quanto sia facile fare attenzione alle vite altrui e non alla propria, di quanto sia più chiaro il da farsi se si parla di un’altra donna, di quanto le storie altrui facciano da specchio alle loro perché hanno tanto in comune e i consigli dati all’altra sono gli stessi consigli che avrebbero potuto dare a se stesse.
Si sono arrovellate nel tentativo di definire l’amore, quello vero, quello sano, di capire gli uomini e i loro strani comportamenti, del perché sono state lasciate o trattate in malo modo. Hanno ammesso di soffrire di una sorta di dipendenza affettiva, alla costante ricerca di sentirsi QUALCUNO, qualcuno di speciale, nella vita di questi uomini. Si sono illuse per troppo tempo di esserlo diventate davvero quando in realtà non erano affatto speciali per quegli uomini ma avevano comunque QUALCOSA di speciale che aveva attirato la loro attenzione. Hanno capito che probabilmente hanno scambiato un loro bisogno profondo (e ancora non del tutto svelato) per amore, che hanno travisato le sensazioni dell’innamoramento come fossero basi solide per un amore duraturo, che è ora di dire basta alla sofferenza in nome dell’amore.
Si sono messe una mano sulla coscienza e hanno realizzato di aver rinunciato a troppe cose per amore dell’altro ma che nessuno glielo aveva chiesto, che sono state loro, senza nemmeno accorgersene, che si sono autoimposte dei limiti in nome di quello che spesso chiamiamo rispetto per l’altro e amore cieco. Alcune hanno finito per identificarsi con la così detta “crocerossina” e hanno trovato uomini a cui si sono dedicate completamente per seguirli, assecondarli, accontentarli, sostenerli, curarli e possibilmente cambiarli. Ma a cambiare sono state loro! Altre, scottate più volte da esperienze negative, avendo incontrato più spesso uomini a loro dire “senza palle”, hanno finito per abbandonare le gonne e indossare loro stesse i pantaloni, a diventare “donne con le palle” per fare di necessità virtù. Ma per fare questo hanno dovuto rinunciare alla loro femminilità, al potersi mostrare per quello che realmente sono, dolci e ragionevolmente fragili, altruiste, materne.
Sono arrivate a pensare che gli uomini sono una brutta razza, sono degli stronzi, egoisti e insensibili. E se le stronze fossero state loro mettendo la loro vita nelle mani di questi uomini e dando loro il potere di manovrarle come meglio credevano? Dove erano queste donne “guerriere” quando potevano dire “basta, così non va”? Dove erano queste donne “guerriere” quando potevano tirare fuori le palle e dire no riprendendo in mano le redini delle loro vite? Erano troppo innamorate e troppo bisognose di colmare ognuna il suo vuoto, troppo indaffarate a compiacere l’altro illudendosi di compiacere se stesse, troppo legate all’immagine romantica che esse stesse si sono fatte di questi uomini e del loro legame speciale, immagine così difficile da lasciar andare nonostante abbiamo compreso essere un prodotto della loro mente e non ciò che effettivamente questi uomini sono.
Possiamo definire amore un sentimento che fa tanto soffrire? A causa del quale non riusciamo più a provare entusiasmo per qualsiasi altra cosa che possiamo fare senza di lui (una chiacchierata con le amiche, una cena, un viaggio)? Che ci fa vivere appese ad una speranza, al cellulare, ad una chiamata, ad un messaggio, ad una risposta che potrebbe non arrivare mai? Possiamo definire amore quella sensazione di soffocamento che si prova quando lui non è con noi e non abbiamo sue notizie perché lui probabilmente in quel momento sta facendo altro? Quando ci sembra di non poter più vivere senza di lui perché più niente ha un senso? Possiamo definire amore quel non negarsi mai per paura di essere sostituite?
L’amore, quello sano, è dono reciproco, scambio, condivisione non solo di attimi ma di tutto il tempo che ci è concesso. L’amore è progettualità, è guardare assieme allo stesso futuro, è camminare insieme verso un obiettivo comune. Un dono non è reciproco se è fatto a metà, uno scambio non è scambio se tu dai sempre e lui qualche volta. Non c’è progettualità se non si ha voglia e tempo di alimentare un rapporto stabile ma fatto solo di ritagli di tempo. Camminare assieme non è un eterno rincorrersi senza mai raggiungersi.
…e queste donne l’hanno finalmente capito! Orgogliosa di aver percorso un pezzo di strada con voi