Quando una coppia è in crisi può arrivare a chiedere aiuto ad uno psicologo. Se entrambi sono decisi a farlo è probabile ci sia un buon margine di lavoro indirizzato al superamento della crisi e al ritrovamento della coppia. Nel più o meno lungo percorso, inizialmente finalizzato a questo obiettivo comune, i due partner possono arrivare alla consapevolezza che invece, la miglior cosa da fare, viste le difficoltà oggettive che sussistono, è pensare alla separazione.
Anche prepararsi a questa eventualità non è lavoro da poco soprattutto se ci si fa condizionare da certi luoghi comuni e assillare da alcune domande tipo “Cosa ne sarà di me dopo? E dei miei figli? Cosa dirò ai miei genitori? Cosa penserà la gente? Troverò qualcun altro da amare e che ricambi il mio amore?…”
In un certo senso la separazione è un atto di coraggio e d’amore. Di coraggio perché, presa quella decisione, non sapremo come si svolgerà la nostra vita; sarà tutto, nuovamente, da ricostruire. Il non avere certezze, anzi, averle perse e muoversi nell’ignoto crea paura ed incertezza. E d’amore per sé e per gli altri perché se tutto quello che abbiamo tentato prima non ha sortito l’effetto desiderato e la separazione inizia a suonare ragionevole seppur molto sofferta, la decisione viene presa per il bene di tutti, coniugi e figli, nella speranza che riporti serenità. Se non ci amassimo e non amassimo i nostri figli non ci daremmo la possibilità di tornare ad essere felici ma continueremmo a vivere nella finzione di una vita apparentemente normale ma che di fatto non ci soddisfa e non ci appartiene più, con il rischio di passare anche ai nostri figli l’idea che davanti alla difficoltà ci si deve necessariamente adattare.
Una volta arrivati a questo punto quindi, cosa ci aspetta? Le difficoltà non sono finite ma coinvolgono sia chi ha dei figli e matura il desiderio di rifarsi una vita sia chi si troverà ad essere il nuovo compagno di vita di questa persona che dovrà riuscire a definire il suo ruolo all’interno di un già strutturato sistema familiare. Può non essere facile, per esempio, capire come comportarsi con i figli non propri. Non si dovrebbe avere la pretesa di fare da genitore (se un genitore c’è già) ma nemmeno di estraniarsi completamente dal ruolo educativo, soprattutto se si condivide casa con il/la nuovo/a partner e i suoi figli. Si dovrebbe riuscire ad accettare serenamente il rapporto che l’attuale partner ha con l’altro genitore, nonché ex, e le linee educative che assieme hanno deciso di seguire. Si dovrebbe avere la pazienza di comprendere che non si sarà sempre al primo posto, perché spesso e volentieri occupato dai figli e che questo non significa essere amati meno, ma semplicemente in maniera diversa.
D’altro canto, anche chi è alla ricerca di un nuovo compagno potrebbe perdersi in mille perplessità che limitano o addirittura bloccano sul nascere ogni nuova conoscenza. La più grande e apparentemente insormontabile è quella che porta a non fidarsi più di niente e nessuno, diventando altamente selettivi e forse troppo critici anche con se stessi. “Incontrerò un’altra persona capace di comprendere ciò che ho passato, di accettare i miei figli, di lasciarmi i miei spazi, di colmare i miei vuoti, di rispondere ai miei bisogni?”. Quante aspettative! “Dove troverò il tempo di conoscerla e valutare se è la persona giusta senza sentirmi troppo egoista? Davvero mi merito una vita nuova, un/a nuovo/a partner?”. Quanta poca autostima! “Riuscirò a mantenere i piedi per terra davanti a chi mi promette mari e monti, dopo il precedente fallimento?”. Un po’ di sano disincanto non guasterebbe!
Se tutte queste perplessità non verranno sgombrate dalla mente non ci si sentirà mai pronti per un nuovo inizio. Di fatto è il nostro atteggiamento che permette agli altri di avvicinarsi o di starci alla larga. Non sarà facile né breve il percorso verso la consapevolezza ma tutti siamo degni di poter avere un’altra chance.